Nella giornata mondiale della Poesia, mi sembrava giusto lasciare un piccolo contributo per i lettori.
Solo qualche breve considerazione.
La giornata della poesia e l’inizio della primavera coincidono. Perché? Cosa hanno di simile?
Per molti popoli, l’equinozio di primavera corrisponde con l’inizio dell’anno civile e religioso.E non è un caso.
La primavera è un momento di rinascita in cui mettere a frutto le potenzialità dell’inverno.
Infatti, se la stagione invernale, con il suo caratteristico letargo, è da considerare come il tempo dell’attesa, quella primaverile segna il passaggio da un tempo di riflessione a un tempo di azione.
Non diversamente avviene nell’animo del poeta. La poesia infatti non è qualcosa che nasce di getto, uno sfogo momentaneo delle propria emotività. La poesia ha bisogno di un buon terreno arato, di cure e di concime: non nasce dal nulla ma ha un tempo di preparazione. Ecco allora che la primavera è il momento della “visibilità” della poesia, del suo affacciarsi più o meno compiutamente al mondo.
La primavera presuppone un inverno, la poesia richiede un preventivo silenzio.
Dove c’è una rinascita, c’è una nuova vita. Chiunque legga una poesia, per quanto triste o malinconica, sente rivivere dentro il proprio animo quelle parole o quelle determinate immagini evocate, scoprendo delle corrispondenze, degli afflati che contribuiscono ad aumentare o a risvegliare la percezione di sé come essere vivente facente parte di un meccanismo complesso ma, allo stesso tempo, armonico.
Chi legge poesia è un po’ poeta, in definitiva. La poesia ha bisogno del poeta e il poeta ha bisogno di chi ascolta la sua voce. Chi legge poesie ha bisogno dei poeti e così il mondo (anche quello fatto da persone che non leggono poesia) ha bisogno di una “primavera poetica” che circoli nell’aria, sospinta da un vento che non conosce confini o divisioni di nessun genere.
La poesia salva i poeti e non solo…
POESIA E VITA
La vita è respiro
dell’anima la parola;
vapore
che esce di bocca.
Nelle notti d’inverno
umida condensa,bagna, scivola
nei solchi
dell’interiorità.
Sanscrito atman
privo di confine
fuori, dentro
per contatto libero,
tra rovi di mano
e corolle
rivolte al cielo
(“Poesia e vita” da Un paradiso per Icaro, ed. Ensemble, Roma, 2018)