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Author Archives: Chiara Rantini
Intervista su Pienneradio
Qui è possibile ascoltare l’intervista che mi è stata fatta da VENTO D’EMOZIONI per PIENNERADIO.
Presento la mia silloge Un paradiso per Icaro e discuto di vari temi legati alla poesia e al mondo contemporaneo.
Grazie a Mattia Cattaneo per le interessanti domande.
http://radio.garden/listen/pienneradio-fm-89-7/LvB4-9F9
Intervista su Teatrionline : Icaro della scrittura
È stata pubblicata recentemente, a cura di Emanuele Martinuzzi, una mia intervista sul portale nazionale dell’informazione teatrale Teatrionline. Condivido qui il link. Vari gli argomenti trattati: dalla poesia, al teatro, all’arte figurativa.
La stanza della poesia: Emanuele Martinuzzi
Emanuele Martinuzzi
Non assomigli a nessuna
Non assomigli a nessuna parola,
sei dettata in caratteri che amano
tacere, corretta dall’assurdo
nella grafia amara dei miei notturni.
Qualcosa di te si è intinto e dissolto
in ciò che ho di più fragile e antico.
Pensavo il tuo amore precedesse
ogni meraviglia o fosse un poema,
di là da venire, un’infanzia eterna,
ed invece è lo stesso inchiostro che mi scrive.
Da l’oltre quotidiano – liriche d’amore di Emanuele Martinuzzi, Carmignani editrice
Questo mare
Questo mare non tace, nonostante le sue frasi di scogli sepolti,
né si denuda, nell’andirivieni continuo di lembi fuggiti all’abisso.
Questo mare, tramortito e schivo di pace, sgranchisce le sue rovine
nell’oro di un cielo che, diroccandosi, costringe onde in cicatrici.
Non sembra che un cimitero infedele alle sue fatue maree, questo
battesimo di corpi in fuga, rapito da amanti in adorazione di sé.
Forse è proprio là, dove la nausea del ricordo s’infrange nella scia
dei miei pallidi sorrisi, che la solitudine scroscia, si serra smarrita.
Da di grazia cronica – elegie sul tempo di Emanuele Martinuzzi, Carmignani editrice
E in cammino
E in cammino
i versi si fecero
orme di pace.
Da Spiragli di Emanuele Martinuzzi, Ensemble edizioni
Queste colline
Queste colline
che ignorano l’imbrunire
per addormentarsi stella
l’una nell’altra.
Da storie incompiute di Emanuele Martinuzzi, Porto seguro editore
Noi due
Noi due perseguitati dalla salvezza
Di fine in fine da inizio a inizio
Difforme l’alba che si ribella a sé stessa
E non si lascia pronunciare che dal tramonto
Con il truce ossimoro della meraviglia
Abbarbicandosi come gabbiani al vento
E lucidi amanti nel gelo della beltà
Siamo abusi sottratti alle ore chiare
E incerte che lastricano i crocevia
Nessun precipizio che s’intreccia con l’animo
Così ondeggiante nell’effimero cadere
Tra avventure di cenere e fedi vive
L’incontro significava la fuga dal tutto
Prima che diafani strumenti ci scandissero
Poesia inedita di Emanuele Martinuzzi
Emanuele Martinuzzi, classe 1981, Pratese. Si laurea a Firenze in Filosofia. Alcune delle precedenti pubblicazioni poetiche: “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” (Carmignani editrice, 2015) “Di grazia cronica – elegie sul tempo (Carmignani editrice, 2016) “Spiragli” (Ensemble, 2018) “Storie incompiute” (Porto Seguro editore, 2019). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha partecipato al progetto “Parole di pietra” che vede scolpita su pietra serena una sua poesia e affissa in mostra permanente nel territorio della Sambuca Pistoiese assieme a quelle di numerosi artisti.
La stanza della poesia: Massimo De Micco
Massimo De Micco
Ugualmente scompare
Un cervo mi attraversa la strada.
No, sbagliato: secondo il noto adagio
il cervo è il bosco, la strada lo attraversa.
Non lo ferisce perché freno in tempo.
Ugualmente scompare.
Il bosco è muto di spavento,
come io credo che nel primo tempo
lo spavento abbia tolto la parola a loro
e l’abbia data a noi.
Malva
Oggi era il compleanno
di chi ho aperto come una tenda
indeciso sul da farsi,
se fidarsi.
Nell’attesa è cresciuta la malva,
si è riaperto mille volte il fiore
che colora la sua città
a cui torno spaesato.
E vorrei dormire in tenda
tra le malve, per farmi ridire
quel verso di Bevilacqua
che ha qualcosa a che fare.
MASSIMO DE MICCO
Massimo de Micco nasceva a Firenze il 1972. Con una laurea in psicologia e tante esperienze nella formazione professionale , vive come lo scorpione di Trilussa.
Disegna dipinge e illustra cose sue e di altri.
Qualche saggio è apparso sulle riviste Kykeion e Tlon. Sul suo blog pubblica le avventure di un personaggio immaginario, raccolte in due volumi, “C’era tre volte Marcovaldo” (Fuoribinario) e C’era tre volte Marcovaldo (Ensemble). Ha pubblicato poesie nell’antologia Affluenti, nuova poesia fiorentina. Racconti e filastrocche intorno al mondo della scuola si possono leggere sul blog “‘C’era una volta la DAD”.
La stanza della poesia : Giuseppe Nicosia
GIUSEPPE NICOSIA
Come un soffio di tramontana all’improvviso
escono dalla memoria ricordi di gioventù
senza un comando preciso, si fermano
a un lontano carnevale senza maschera.
La nostra gioventù era sempre un carnevale
festoso allegro senza lacrime
con qualche bacio rubato sulle rive del lento fiume
Coriandoli, e sorrisi
per arrivare ad oggi senza rimpianti.
Se la tua gioventù è stato un carnevale
quando guardi vecchie fotografie
non ti può scendere nessuna lacrima
“In Questo Tempo”
Le nebbie si diradano
in questo strano Novembre
gli ulivi bagnati
aspettano pazienti
il pallido sole, per respirare.
Pensieri lontani attraversano
la spoglia collina
cercando dei segnali oltre l’orizzonte
dove vive quel dolore nascosto
che scivola addosso
come il fiume che entra libero in mare
Un fulmine pieno di dolore
nascosto dietro
l’angolo delle strade deserte
invade il corpo e l’anima
lasciando lacrime, e case vuote
fra disperazione e mille domande
in questo tempo insieme
a questo Novembre
con le nebbie che si diradano.
Giuseppe Nicosia
Nato in terra di Sicilia, sono un poeta che raccoglie i segni della vita tra la gente.
Amo la natura e tutto il bello che ci dona.
Due raccolte di poesie, all’attivo, e quattro romanzi pubblicati con l‘edizione Lulu.
Scrivere per me è un esigenza, sempre per passione.
Fondatore e presidente dell’Associazione Burrasca di colori e parole, costituita per diffondere la poesia, tra le persone. Quella poesia che ci manca, quella poesia che ti trasporta, fra le cose belle della vita. In parte ci sono riuscito, ma bisogna scrivere sempre parole nuove.
La stanza della poesia: Mario Giorgini
MARIO GIORGINI
“IL MIO GRANDE AMORE” 22 marzo 2014
Al mattino la voglia e
la stanchezza si
rigirano con me
nel cuscino.
Fanno a gara con
scarsa potenza
e pochissimi muscoli.
Invocano essi solo la
forza un poco di
rabbia per il perdono,
per sfrecciare in bilico
sopra a certi miei pericoli.
Alfine in me superano
le vertigini
per portarmi un grande
dono.
E’ solo il mio grande
amore mentre salta
un temibile fosso.
Ed è così che divento
io il favorito per la nuova gara…
….come se guidassi
un invincibile e
luccicante bolide
rosso.
“FEBBRE D’AMANTE” 7 Maggio 2014
Quando avremo le
menti macerate dalla
febbre d’amante,
lì allora ogni bellezza
s’incendierà
e sarà alfine solo
polvere o saggezza.
Così la vita andata in
fumo di ognuno avrà
un filo sottile,
sul quale….
…alla follia ripensare.
Mario Giorgini è nato a Firenze il 28.03.1964, da 26anni affetto da sclerosi multipla, è sposato ed ha due figlie. Scrive poesie ascoltando musica. Ha pubblicato poesie sulle antologie:
Alda Merini, Ursini ed., Canto d’amore, Kimerik, Sognando l’infinito, Rupe mutevole, Nimesis, Impronte
Sulla soglia della lontananza, antologia poetica
L’angolo del poeta: intervista a Chiara Rantini di Benedetto Ghielmi
“L’ANGOLO DEL POETA”: spazio dedicato ai poeti e alla poesia a cura di Benedetto Ghielmi.
Qui potete ascoltare la lunga intervista a cura di Benedetto Ghielmi che verte sui temi della poesia, della ricezione della stessa e della mia poetica in generale.
Recensione a LA RESA DELLE OMBRE
Con gioia annuncio che è stata pubblicata sul blog All colours of romance una ottima recensione al mio romanzo a cura di Gabriella La Rosa.
Qui il link per leggerla integralmente:
La stanza della poesia: JOHANNA FINOCCHIARO
La poetessa emozionale Johanna Finocchiaro https://www.poetiemozionali.it/johanna-finocchiaro.php ci presenta alcune delle sue poesie tratte dall’ultima raccolta Clic.
Buona lettura!
SE SOLO VOLESSI
Non sei stanco di negare
Di emigrare
Sfiorare
un’anima in transito senza le gambe?
Non sei stanco di pesare sospiri
Di pesare i pensieri
Erigere muri,
un corpo di stoffa senza le mani?
Non sei affranto per queste partite
Giocate e perdute
Di certo truccate,
un breve rimorso senza le labbra?
Se solo volessi rispondere
A te e a nessun altro
Sarebbe come scrivere,
per penna il cuore, al centro.
L’ACQUA CHE SCORRE
Sei come l’acqua.
Sei come l’acqua che scorre. Calda, fredda. Calda, Fredda. Rovente, sovente.
Culla di civiltà perse ma non perdute. Radice di case stanche. Veraci. Imperfette. Belle:
intonaco e crepe.
Osservo dal basso la materia di cui sei fatta.
Di cui non sono fatta.
E gli altri non sanno, ignoranti.
Non lo sanno.
Che ne sanno?
Mi riconoscono, in te. Sorridono, dicendolo. Sorridi tu, credendolo.
Gracchiano, le voci, sul viso mio. Attraversano, stridendo, il tuo.
Che spessi strati di tempo hanno incrostato. Ed un giorno in più, oggi.
Ti donano tutti quanti.
Loro non sanno.
La materia di cui sei fatta.
Di cui non sono fatta.
Gelosia e fierezza nello stesso bicchiere. Amaro il suo sorso, di fiele. Scolo di getto, scolo il fiele. Percorre la gola tutta.
A te non serve.
Sei come l’acqua. Rinvigorisci, rinfreschi, ravvivi.
Senza chiedere e senza bussare, racchiusa in argini rotti.
Sei l’acqua. Che mi scorre in vena. Invano.
Vene varicose, malate, viola. Fanno male.
E fai male tu, talvolta, onda d’urto ed urto d’onda, sulle pareti deboli d’esse.
Le riempi, dondolando, come riempivi i miei occhi, freschi. Appena sbocciati. Incolori.
Di latte.
Sei l’acqua che scorre. Bollente, marchiata d’estate; gelata, scolpita d’inverno.
Levighi e rinnovi e affoghi e lenisci e distruggi. A tuo gusto, a tuo comando,
talvolta al mio, che mi ribello e cambio e camuffo quegli occhi, cresciuti dal male e marciti.
Occhi che non riempi più. Neri. Di sale.
Bruci, acqua; disinfetti ferite che son difetti. Che son pazzia.
Impavida, senza elmo, segnata la carne tua dalla vendetta mia.
Guida maldestra, sovversiva maestra, unicorno di mare.
Ti seguono ancora quegli occhi neri sul cammino, a tratti tracciato, secco;
il sale, intanto, cade.
Perché? Istinto. Sopravvivenza.
Sei l’acqua.
E calda e fredda son io, come e per te.
Sei.
Bollente. Gelata.
Mi scappi di mano ma resti. A piccole gocce, piccola vita. Stremata, nei deserti,
anche allora, rischio.
Avventure già morte in partenza.
Eppure resti. Mi aspetti. Mi salvi. A piccole gocce, piccola vita.
Sei come l’acqua che scorre.
Scorri.
È amore
CLIC
Ho una madre. Un padre. Un fratello. Un nipote. Un tetto, un libro in testa, un libro in mano;
ho due mani.
Un gatto, grande e robusto, nero, un letto, tre sogni a dir poco.
Quattro o cinque a dir il vero.
Ho un Dio che mi ha creata a Sua immagine e di cui non ho sembianze.
Ho un tamburo che danza rituale e sbraita meschino di notte.
Ho un mondo. Il più delle volte, le volte buone.
E ricordo a me stessa quel mondo. Dovrei amarlo. Dovrei sentirlo. Dovrei staccarmi da terra, messaggera alata
e trovarlo.
Il panorama autentico, scevro d’egoismo. Mio. Mitologico.
Volare sopra di me, senza di me, concentrare la vista sul fuoco.
La scintilla: palesemente necessaria.
Ma proprio non può, no, prendersene merito. Della luce. Che da quella partenza cresce e muta e si ribella. E va, evaporando.
Io, io non lo posso fare. Non più. Comincio a capire.
E a fuggire dalla luce, lei, mia, che rendo buia perché buia sono. Ancora senz’ali.
Non sento niente e non so perché.
Umana compassione cercasi.
E le tragedie, anch’esse, non turbano. Non urtano. Le viscere non mi pungono.
Ma neppure son pazza, oggi, non son io quella pazza.
Un clic. Qualcosa in me ha fatto clic e non ritorna. Indietro.
Sciolgo i capelli, fili spezzati di un nastro nero alla luce di luna.
Dicembre comincia e prosegue la nenia.
Anemica di cuore, anemica d’amore.
La rima non é originale. La rima non era prevista.
Frugo e scavo e graffio ma non trovo. Quel geniale modo, il migliore, di confessare. Confessare.
Confessare che non sento niente e so perché.
Clic