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SCRIVERE, perché? Soprattutto poesia
Ricercate la ragione che vi chiama a scrivere; esaminate se essa estenda le sue radici nel più profondo luogo del vostro cuore, confessatevi se sareste costretto a morire, quando vi si negasse di scrivere – scrive Rainer Maria Rilke
Riprendo a scrivere su questo blog dopo molto tempo di silenzio. La scrittura, in verità, non è mai cessata, ma per un bisogno di raccoglimento, era tornata sulla carta, spinta dal vigore della penna.
Inchiostro su carta. Manoscritto.
Ora invece può tornare a manifestarsi e comincerò proprio da una riflessione sul senso della scrittura, in particolare dello scrivere versi.
In questi giorni si è fatto più forte il bisogno di versificare. Sentivo una spinta creativa.
La poesia crea; chi scrive è solo uno strumento, una sorta di profeta o messaggero. Questa è la parte mistica della scrittura poetica. L’esigenza non è quella di espellere delle parole dal proprio corpo, parole qualsiasi…No, il bisogno nasce da una ricerca (di cosa non è facile capire) che muove verso una purezza, una cristallina forma in cui le parole sono ridotte all’osso, all’essenziale, alla nudità.
Sì, forse è proprio la nudità l’oggetto della ricerca, intesa come semplicità, ciò che è, e non può essere niente di altro.
Tutti gli orpelli cadono, le aggiunte superflue si ritirano
né vento / né acqua dispersa / né passo incerto / che possa / far tracimare il vaso
Leggete Rilke, Robert Walser, Cristina Campo e i mistici spagnoli del Seicento. Troverete la chiave dell’essenzialità.
LE POESIE DI EMANUELE DALL’ASTA
Sono tre le raccolte poetiche pubblicate da Emanuele Dall’Asta, scrittore bresciano nato nel 1984 e coprono un arco temporale che va dal 1998 al 2019.
La filosofia per vederci ha bisogno di luce, la poesia vede bene anche al buio, si legge nell’introduzione a Atmosfere poetiche, poesie dal 2003 al 2008, citando Antonio Fogazzaro.
La poesia di Emanuele è una domanda di bellezza, una ricerca dello spirituale nel mondo. Il poeta è un artigiano che plasma la scrittura come se fosse materia, una materia preziosa, spirituale che ha il compito di comunicare gioia, desiderio di bellezza, calma e pace interiore. Non si è poeti di mestiere ma poeti lo si è soltanto nell’animo, con sincerità e assenza di artificio, questo sembra ribadire Emanuele Dall’Asta.
Emanuele Dall’Asta, La vita è mistero (1998-2003), Stampato in proprio
Emanuele Dall’Asta, Atmosfere poetiche (2003-2008), Stampato in proprio
Emanuele Dall’Asta, Non solo poesie (2017-2019), Stampato in proprio
Eterna Poesia
Eterna Poesia,
dove una parola,
ne racchiude
mille.
La penna,
poi,
scivola sul foglio,
dell’eterna immaginazione,
dolce, soave, un po’ vivace,
vola, vola,
verso il prossimo sognatore
che cambierà il mondo.
Questa è l’eterna poesia
della vita,
semplice, senza grandezze
ma con tanti valori.
È stata e sarà sempre
soltanto Eterna e Splendida
Poesia.
Senso di pace
Un momento di pace,
di serenità, grande calma,
armonia, un senso di pace.
Il vento che soffia e porta libertà.
La bellezza della libertà,
la tua sensazione,
vibrazioni, emozioni,
sensazioni, percezioni delicate e toccanti.
Tutto calmo, senza fretta, a piano,
passo per passo.
Un tratto gentile,
uno sfiorarsi,
un sussurrarsi,
parole di bellezza
e libertà.
Che cos’è la libertà?
Parlami della libertà e del suo significato.
La libertà è cascate, prati verdi, bellezza, eternità.
Poesia
C’è una poesia,
che ogni sera bussa alla mia porta,
desidera essere scritta,
parla di canzoni, di chitarre e serate tra amici davanti al
focolare.
Chiedo alla luna
e ammiro il cielo, la natura e rimango colpito da cotanta
bellezza.
Gli scritti quando meno te lo aspetti racchiudono in sé una
domanda,
un desiderio di bellezza.
Il mio cuore non è sereno finché non riposa in Te.
Di cosa parla la poesia?
Di passione, cuore, amore,
l’uomo cerca questo,
amore e tranquillità.
L’uomo cerca le stelle chiare e belle.
NESSUNA FRETTA – PAOLA PROSPERI
Malinconia. Un tempo che fugge troppo velocemente e non ci permette di assaporarlo fino in fondo. Appuntamenti mancati con la vita. Queste e altre sensazioni non dissimili regala al lettore la poesia di Paola Prosperi, una poesia fresca, pungente come una mattina di inverno. La nostra autrice non si lascia andare a prosaici sentimentalismi, né a vaghe romanticherie ma affronta i temi dell’amore e della perdita con la precisione di un chirurgo e con la consapevolezza di chi rifiuta le illusioni a buon mercato. Il tempo quotidiano è un ostacolo al ritmo di vita interiore che chiede lentezza, attenzione, cura; nella relazione con l’amato predomina il desiderio, l’autenticità ma spesso questa dimensione non è corrisposta, i tempi sono sfasati, non coincidenti. “Non avere fretta” sembra suggerirci la poetica di questa raccolta: solo nella poesia infatti ciò che non è possibile nella realtà diventa possibile: tutto avviene comunque, anche se in altri tempi e in altri spazi.
È il potere della poesia quello di far accadere l’impossibile, rendendo vana l’inutile corsa del tempo cronologico. La poesia, come ben sappiamo, mira all’eternità.
Paola Prosperi, Nessuna fretta, Porto Seguro, Firenze, 2021
Buchi
Abbiamo buchi nella
maglia dell’anima.
Malinconie erranti
nomadi dolori
e fegati in frantumi –
spezzoni di un film che
non monteremo mai –
registri dei nostri
incubi diurni.
e le comparse distratte
lì
a farsi un gin tonic al bar.
Stoviglie color nostalgia
Nella grande cucina
la nostalgia
stava
sulle vecchie stoviglie
color giallo canarino.
E la poesia
stava nascosta
accucciata
proprio dietro
la mia sinestesia
-ricordo docile d’infanzia complessa- quando vedevo
la musica
che saliva
su una scala di colori.
Stoviglie color nostalgia
ancora mi aspettano
sul ripiano della grande cucina
ogni volta che
chiudo gli occhi
e, stremata, mi assopisco.
Ostrica
Finita l’estate
-di caldo fiato e di luce violenta
Vestita-
l’ostrica, silenziosa e lenta,
richiude i battenti
e sprofonda
nel suo Io più remoto.
Scombinata
Sai,
Io penso di amarti
in quella maniera
un po’ scombinata
di quando si sta seduti
in punta della seggiola
da piccini.
E un po’ si sta per cascare.
E un po’ no.
VIAGGI INTERIORI di Giacomo Zanieri
“Viaggi interiori” è il titolo della raccolta poetica di Giacomo Zanieri. E di viaggi effettivamente si tratta. Non solo interiori. Talvolta anche di viaggi fisici ma in essi vive sempre e comunque una dimensione interiore senza la quale pare impossibile viaggiare. Con la poesia di Zanieri il lettore viaggia soprattutto col cuore attraverso stati d’animo che tutti conosciamo come l’amore, il senso di abbandono, la nostalgia, il sentirsi inadeguato e fuori dal tempo presente. Molte sono le città citate a cui il poeta dedica le proprie liriche: Venezia, Palermo, Napoli e soprattutto Firenze, la città natale. E tuttavia nella poetica di Zanieri, convivono anche molti altri luoghi “sfumati” come la spiaggia, la campagna e le stagioni. Sono metafore dell’esistenza, momenti di passaggio che appartengono al mondo interiore in cui, chiunque sia dotato di una certa sensibilità, non può non specchiarsi. Ecco allora che ne La voce dell’anima, la voce dell’anima è donna e Zanieri ci conduce in un viaggio nell’animo e nel corpo femminili mettendo in risalto la passionalità della scrittura dell’autore, passionalità che è sempre controbilanciata da una profonda dolcezza e da una malinconica lievità.
Maschile e femminile, inizio e fine sono gli opposti che si completano e la buona poesia è sempre una poesia degli opposti.
LA VOCE DELL’ANIMA
Una voce di donna si mischiò al rumore del mare,
la voce salì sempre più,
si alzò un’onda altissima e limpida.
Anche nel silenzio di lei potei sapere i suoi pensieri,
sentii le vibrazioni dell’anima.
Poi lei cantò e parlò,
mi diede boccate d’aria fresca,
fu tanto umana,
mi sollevò la voce della sua anima.
L’ESTATE
Si sdraiava sulla spiaggia
cercando il sole che non c’era,
guardava sconsolata gli ombrelloni chiusi,
cercava segni di vita dell’estate che finiva.
Si tuffava, nuotava nel mare,
c’era l’energia dei suoi vent’anni.
Accendeva il desiderio con il suo corpo bello.
Poi usciva dall’acqua,
in lei c’era l’estate,
cantava mentre ballava,
lei era il sole,
era il mare.
Con il suo costume rosso
mi lasciava l’ultima immagine dell’estate.
PASSATO
Immagina che io venga a prenderti in tram
dalla campagna andiamo in città.
Pensami col vestito grigio,
il cappello in testa,
il profumo sul viso.
E’ una mattina di sole,
luce sulle foglie,
sui poggi, su di noi.
Vediamo ville nel verde,
fattorie, campi di grano,
cavalli che corrono.
Arriviamo a Firenze,
pensa di pranzare insieme,
di camminare insieme,
senza fretta,
gustarci il nostro amore,
pensa di vedere i canottieri che remano nel fiume,
di vedere me giocare a biliardo,
e la sera di andare al cabaret,
e immagina spettacoli,
musica, ballerine
gambe in mostra che si muovono,
e pranzi in famiglia,
gli orologi a cipolla,
l’odore delle cose antiche.
Anni che non ho vissuto
ma che sento dentro,
voltandomi vedo gli strati del tempo,
sono come onde sulla riva,
una dopo l’altra,
bella successione,
piacevole illusione.
Immagina la Firenze dei nostri nonni,
non smettere di pensare,
fai durare questi pensieri,
falli vivere,
falli vivere.
ELEONORA FALCHI – VITA CHE SCORRE
Nel leggere Vita che scorre si avverte veramente un flusso, un flusso di emozioni tradotte in parole che afferra l’anima come farebbe la corrente di un fiume. La poetica di Eleonora Falchi coinvolge il lettore, lo chiama, lo scuote mettendogli davanti i grandi temi della vita: il sentire interiore (la poesia), la salute (intesa come integrità), la dimensione esteriore (gli altri, gli incontri). Spirito, corpo e anima. Ci sono tutti gli elementi necessari per esprimersi al meglio secondo una poetica che procede per immagini, frammenti di vita, emozioni tagliate e cucite sulla vita di ciascuno di noi.
Per questo è impossibile restare indifferenti alla potenza della parola, al grido lirico che ci richiama alle nostre radici, al nostro essere umani in corpo, anima e spirito, essere completi che, in questo preciso frangente storico, si sentono minacciati perché divisi, contingentati, oppressi. La poesia è libertà, è “gioia che si mostra e dolore che si scioglie” e chiede la partecipazione di tutti, “in chi legge il sentire di chi lo ha scritto”.
Alcuni estratti dal volume pubblicato dalla casa editrice Ensemble nel 2020:
OLTRE
Oltre il virus,
oltre la paura
oltre i limiti
oltre il dolore.
Ci sono i sogni,
ci sono spazi
oltre i confini
del corpo
da esplorare.
Ci sono possibilità
per sentirsi vivi.
SALUTE
Voglio tornare a ballare sul mare
voglio tornare a ridere per strada
voglio sentire il mio corpo rispondere
ai desideri senza ostacoli.
Voglio tornare a vivere all’esterno
al tempo degli impegni che si intersecano
al tempo in cui analisi e medicine
non sai nemmeno cosa sono.
Salute rientra in questo corpo
fammi respirare leggera.
QUANDO È POESIA?
È poesia quando
il dolore si scioglie in inchiostro;
compone versi.
È poesia quando
la gioia si mostra:
immagini di parole.
È poesia quando
la luce e l’ombra
si fondono in un testo che suscita
in chi legge il sentire
di chi lo ha scritto.
Il tempo e lo spazio poetico di Iveano Benigni Braschi
IL TEMPO, LO SPAZIO E I GERMOGLI DELL’ESSERE
di Iveano Benigni Braschi
Questo poemetto nasce dal dolore per la scomparsa di Franco Battiato a cui il poeta Benigni rende onore allegando al testo i dipinti del grande maestro della musica italiana. L’opera si compone dell’unione di tre elementi: il sogno, il buddismo e la meccanica quantistica. Benigni ha un particolare rapporto con il mondo onirico. Solo attraverso il sogno infatti, secondo lui, riusciamo ad avere una visione completa della nostra e altrui vita, a raggiungere posti lontani e persone lontane nel tempo. Il sogno annulla le barriere spazio temporali e ci pone in comunicazione continua con poeti, scrittori, artisti di altri tempi secondo un flusso inarrestabile di corrispondenze liriche. La filosofia buddista si lega a questa dimensione di annullamento del tempo, dello spazio e di ciclicità.
Di conseguenza, è facile intuire il legame con la meccanica quantistica poiché secondo questa ottica tutto è divenire, l’universo è in continuo movimento, non esiste materia inerte come d’altronde avviene nella poesia dove la parola è materia plasmabile all’interno del verso.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Certo le vie reali
del sogno
portano la coscienza
in profondità,
vanno alla ricerca
delle radici antiche
del mistero della vita.
Tutto può succedere
in questo attimo
di meravigliosa sospensione,
l’irreale appare reale,
il piccolo grande,
il vicino lontano,
ritroviamo posti
e persone
che ci sono care,
ci sembra di essere
a casa…
…Un grande albero
sta nascendo
nella grotta cristallina
del mio cuore,
un albero
dal tronco possente,
dalle radici profonde,
dalle foglie dorate
e delicate…
…Anche l’energia
più sottile partecipa
alla danza del tutto.
Gli atomi e i quanti
si muovono
da un punto all’altro
senza mai fermarsi…
…Universi paralleli
si cercano,
si sfiorano
senza mai toccarsi,
lasciando la loro scia
di stupore
nell’immensità
dello spazio…
MATERA
di Iveano Benigni Braschi
Il poemetto intitolato “Matera” è ispirato da una visita reale alla città tufacea. Il poeta, facendo leva sull’etimologia del toponimo (Matera da “mater”) lo articola come se si trattasse di un dialogo tra madre e figlio. Con le parole della poesia, il lettore è coinvolto in un viaggio che ha il sapore di un ritorno nel grembo materno, nel passato ancestrale personale e cosmico. Esplorare i suoi vicoli è come riallacciare un legame con la cultura arcaica pre-cristiana riscoprendo il senso di appartenenza alla madre terra. Secondo una visione ciclica della vita, la madre rappresenta la nascita e la morte, l’inizio e la fine.
La poesia ha quindi il compito di dare voce al sentimento nostalgico di un’appartenenza perduta a cui la recente standardizzazione e secolarizzazione dell’esistenza ha dato il colpo di grazia. La poesia che va oltre il tempo e lo spazio recuperando ciò che di sacro ancora resta nell’anima dell’umanità.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Era come un ritorno,
un ritorno nell’utero
dei sogni
e delle apparizioni,
nella ferita profonda
dell’oscurità,
nel santuario
della pietra vulcanica
dove velate apparivano
figure femminili avvolte
in mantelli verdi e azzurri
che sorridevano
e danzavano attorno
ad un altare di pietra porosa,
a una corona di rododendri,
al fuoco sempre acceso
della notte…
…I Sassi parlavano
al cuore dell’uomo,
svelavano i segreti,
le leggende
del tempo perduto,
le trasformazioni incessanti
della natura…
…E io ti accoglierò
nel mio ventre di pietra,
nella mia culla
di erica e trifoglio,
di verbena e madreselva,
nella casa
della Luna nera,
del Sole di mezzanotte,
ti abbraccerò
col mio corpo di donna
forte e appassionata
che ha attraversato
il fiume dei sospiri
e delle lacrime…
La stanza della poesia: Emanuele Martinuzzi
Emanuele Martinuzzi
Non assomigli a nessuna
Non assomigli a nessuna parola,
sei dettata in caratteri che amano
tacere, corretta dall’assurdo
nella grafia amara dei miei notturni.
Qualcosa di te si è intinto e dissolto
in ciò che ho di più fragile e antico.
Pensavo il tuo amore precedesse
ogni meraviglia o fosse un poema,
di là da venire, un’infanzia eterna,
ed invece è lo stesso inchiostro che mi scrive.
Da l’oltre quotidiano – liriche d’amore di Emanuele Martinuzzi, Carmignani editrice
Questo mare
Questo mare non tace, nonostante le sue frasi di scogli sepolti,
né si denuda, nell’andirivieni continuo di lembi fuggiti all’abisso.
Questo mare, tramortito e schivo di pace, sgranchisce le sue rovine
nell’oro di un cielo che, diroccandosi, costringe onde in cicatrici.
Non sembra che un cimitero infedele alle sue fatue maree, questo
battesimo di corpi in fuga, rapito da amanti in adorazione di sé.
Forse è proprio là, dove la nausea del ricordo s’infrange nella scia
dei miei pallidi sorrisi, che la solitudine scroscia, si serra smarrita.
Da di grazia cronica – elegie sul tempo di Emanuele Martinuzzi, Carmignani editrice
E in cammino
E in cammino
i versi si fecero
orme di pace.
Da Spiragli di Emanuele Martinuzzi, Ensemble edizioni
Queste colline
Queste colline
che ignorano l’imbrunire
per addormentarsi stella
l’una nell’altra.
Da storie incompiute di Emanuele Martinuzzi, Porto seguro editore
Noi due
Noi due perseguitati dalla salvezza
Di fine in fine da inizio a inizio
Difforme l’alba che si ribella a sé stessa
E non si lascia pronunciare che dal tramonto
Con il truce ossimoro della meraviglia
Abbarbicandosi come gabbiani al vento
E lucidi amanti nel gelo della beltà
Siamo abusi sottratti alle ore chiare
E incerte che lastricano i crocevia
Nessun precipizio che s’intreccia con l’animo
Così ondeggiante nell’effimero cadere
Tra avventure di cenere e fedi vive
L’incontro significava la fuga dal tutto
Prima che diafani strumenti ci scandissero
Poesia inedita di Emanuele Martinuzzi
Emanuele Martinuzzi, classe 1981, Pratese. Si laurea a Firenze in Filosofia. Alcune delle precedenti pubblicazioni poetiche: “L’oltre quotidiano – liriche d’amore” (Carmignani editrice, 2015) “Di grazia cronica – elegie sul tempo (Carmignani editrice, 2016) “Spiragli” (Ensemble, 2018) “Storie incompiute” (Porto Seguro editore, 2019). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha partecipato al progetto “Parole di pietra” che vede scolpita su pietra serena una sua poesia e affissa in mostra permanente nel territorio della Sambuca Pistoiese assieme a quelle di numerosi artisti.
La stanza della poesia: Massimo De Micco
Massimo De Micco
Ugualmente scompare
Un cervo mi attraversa la strada.
No, sbagliato: secondo il noto adagio
il cervo è il bosco, la strada lo attraversa.
Non lo ferisce perché freno in tempo.
Ugualmente scompare.
Il bosco è muto di spavento,
come io credo che nel primo tempo
lo spavento abbia tolto la parola a loro
e l’abbia data a noi.
Malva
Oggi era il compleanno
di chi ho aperto come una tenda
indeciso sul da farsi,
se fidarsi.
Nell’attesa è cresciuta la malva,
si è riaperto mille volte il fiore
che colora la sua città
a cui torno spaesato.
E vorrei dormire in tenda
tra le malve, per farmi ridire
quel verso di Bevilacqua
che ha qualcosa a che fare.
MASSIMO DE MICCO
Massimo de Micco nasceva a Firenze il 1972. Con una laurea in psicologia e tante esperienze nella formazione professionale , vive come lo scorpione di Trilussa.
Disegna dipinge e illustra cose sue e di altri.
Qualche saggio è apparso sulle riviste Kykeion e Tlon. Sul suo blog pubblica le avventure di un personaggio immaginario, raccolte in due volumi, “C’era tre volte Marcovaldo” (Fuoribinario) e C’era tre volte Marcovaldo (Ensemble). Ha pubblicato poesie nell’antologia Affluenti, nuova poesia fiorentina. Racconti e filastrocche intorno al mondo della scuola si possono leggere sul blog “‘C’era una volta la DAD”.
La stanza della poesia : Giuseppe Nicosia
GIUSEPPE NICOSIA
Come un soffio di tramontana all’improvviso
escono dalla memoria ricordi di gioventù
senza un comando preciso, si fermano
a un lontano carnevale senza maschera.
La nostra gioventù era sempre un carnevale
festoso allegro senza lacrime
con qualche bacio rubato sulle rive del lento fiume
Coriandoli, e sorrisi
per arrivare ad oggi senza rimpianti.
Se la tua gioventù è stato un carnevale
quando guardi vecchie fotografie
non ti può scendere nessuna lacrima
“In Questo Tempo”
Le nebbie si diradano
in questo strano Novembre
gli ulivi bagnati
aspettano pazienti
il pallido sole, per respirare.
Pensieri lontani attraversano
la spoglia collina
cercando dei segnali oltre l’orizzonte
dove vive quel dolore nascosto
che scivola addosso
come il fiume che entra libero in mare
Un fulmine pieno di dolore
nascosto dietro
l’angolo delle strade deserte
invade il corpo e l’anima
lasciando lacrime, e case vuote
fra disperazione e mille domande
in questo tempo insieme
a questo Novembre
con le nebbie che si diradano.
Giuseppe Nicosia
Nato in terra di Sicilia, sono un poeta che raccoglie i segni della vita tra la gente.
Amo la natura e tutto il bello che ci dona.
Due raccolte di poesie, all’attivo, e quattro romanzi pubblicati con l‘edizione Lulu.
Scrivere per me è un esigenza, sempre per passione.
Fondatore e presidente dell’Associazione Burrasca di colori e parole, costituita per diffondere la poesia, tra le persone. Quella poesia che ci manca, quella poesia che ti trasporta, fra le cose belle della vita. In parte ci sono riuscito, ma bisogna scrivere sempre parole nuove.
La stanza della poesia: Mario Giorgini
MARIO GIORGINI
“IL MIO GRANDE AMORE” 22 marzo 2014
Al mattino la voglia e
la stanchezza si
rigirano con me
nel cuscino.
Fanno a gara con
scarsa potenza
e pochissimi muscoli.
Invocano essi solo la
forza un poco di
rabbia per il perdono,
per sfrecciare in bilico
sopra a certi miei pericoli.
Alfine in me superano
le vertigini
per portarmi un grande
dono.
E’ solo il mio grande
amore mentre salta
un temibile fosso.
Ed è così che divento
io il favorito per la nuova gara…
….come se guidassi
un invincibile e
luccicante bolide
rosso.
“FEBBRE D’AMANTE” 7 Maggio 2014
Quando avremo le
menti macerate dalla
febbre d’amante,
lì allora ogni bellezza
s’incendierà
e sarà alfine solo
polvere o saggezza.
Così la vita andata in
fumo di ognuno avrà
un filo sottile,
sul quale….
…alla follia ripensare.
Mario Giorgini è nato a Firenze il 28.03.1964, da 26anni affetto da sclerosi multipla, è sposato ed ha due figlie. Scrive poesie ascoltando musica. Ha pubblicato poesie sulle antologie:
Alda Merini, Ursini ed., Canto d’amore, Kimerik, Sognando l’infinito, Rupe mutevole, Nimesis, Impronte