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VIAGGI INTERIORI di Giacomo Zanieri
“Viaggi interiori” è il titolo della raccolta poetica di Giacomo Zanieri. E di viaggi effettivamente si tratta. Non solo interiori. Talvolta anche di viaggi fisici ma in essi vive sempre e comunque una dimensione interiore senza la quale pare impossibile viaggiare. Con la poesia di Zanieri il lettore viaggia soprattutto col cuore attraverso stati d’animo che tutti conosciamo come l’amore, il senso di abbandono, la nostalgia, il sentirsi inadeguato e fuori dal tempo presente. Molte sono le città citate a cui il poeta dedica le proprie liriche: Venezia, Palermo, Napoli e soprattutto Firenze, la città natale. E tuttavia nella poetica di Zanieri, convivono anche molti altri luoghi “sfumati” come la spiaggia, la campagna e le stagioni. Sono metafore dell’esistenza, momenti di passaggio che appartengono al mondo interiore in cui, chiunque sia dotato di una certa sensibilità, non può non specchiarsi. Ecco allora che ne La voce dell’anima, la voce dell’anima è donna e Zanieri ci conduce in un viaggio nell’animo e nel corpo femminili mettendo in risalto la passionalità della scrittura dell’autore, passionalità che è sempre controbilanciata da una profonda dolcezza e da una malinconica lievità.
Maschile e femminile, inizio e fine sono gli opposti che si completano e la buona poesia è sempre una poesia degli opposti.
LA VOCE DELL’ANIMA
Una voce di donna si mischiò al rumore del mare,
la voce salì sempre più,
si alzò un’onda altissima e limpida.
Anche nel silenzio di lei potei sapere i suoi pensieri,
sentii le vibrazioni dell’anima.
Poi lei cantò e parlò,
mi diede boccate d’aria fresca,
fu tanto umana,
mi sollevò la voce della sua anima.
L’ESTATE
Si sdraiava sulla spiaggia
cercando il sole che non c’era,
guardava sconsolata gli ombrelloni chiusi,
cercava segni di vita dell’estate che finiva.
Si tuffava, nuotava nel mare,
c’era l’energia dei suoi vent’anni.
Accendeva il desiderio con il suo corpo bello.
Poi usciva dall’acqua,
in lei c’era l’estate,
cantava mentre ballava,
lei era il sole,
era il mare.
Con il suo costume rosso
mi lasciava l’ultima immagine dell’estate.
PASSATO
Immagina che io venga a prenderti in tram
dalla campagna andiamo in città.
Pensami col vestito grigio,
il cappello in testa,
il profumo sul viso.
E’ una mattina di sole,
luce sulle foglie,
sui poggi, su di noi.
Vediamo ville nel verde,
fattorie, campi di grano,
cavalli che corrono.
Arriviamo a Firenze,
pensa di pranzare insieme,
di camminare insieme,
senza fretta,
gustarci il nostro amore,
pensa di vedere i canottieri che remano nel fiume,
di vedere me giocare a biliardo,
e la sera di andare al cabaret,
e immagina spettacoli,
musica, ballerine
gambe in mostra che si muovono,
e pranzi in famiglia,
gli orologi a cipolla,
l’odore delle cose antiche.
Anni che non ho vissuto
ma che sento dentro,
voltandomi vedo gli strati del tempo,
sono come onde sulla riva,
una dopo l’altra,
bella successione,
piacevole illusione.
Immagina la Firenze dei nostri nonni,
non smettere di pensare,
fai durare questi pensieri,
falli vivere,
falli vivere.
ELEONORA FALCHI – VITA CHE SCORRE
Nel leggere Vita che scorre si avverte veramente un flusso, un flusso di emozioni tradotte in parole che afferra l’anima come farebbe la corrente di un fiume. La poetica di Eleonora Falchi coinvolge il lettore, lo chiama, lo scuote mettendogli davanti i grandi temi della vita: il sentire interiore (la poesia), la salute (intesa come integrità), la dimensione esteriore (gli altri, gli incontri). Spirito, corpo e anima. Ci sono tutti gli elementi necessari per esprimersi al meglio secondo una poetica che procede per immagini, frammenti di vita, emozioni tagliate e cucite sulla vita di ciascuno di noi.
Per questo è impossibile restare indifferenti alla potenza della parola, al grido lirico che ci richiama alle nostre radici, al nostro essere umani in corpo, anima e spirito, essere completi che, in questo preciso frangente storico, si sentono minacciati perché divisi, contingentati, oppressi. La poesia è libertà, è “gioia che si mostra e dolore che si scioglie” e chiede la partecipazione di tutti, “in chi legge il sentire di chi lo ha scritto”.
Alcuni estratti dal volume pubblicato dalla casa editrice Ensemble nel 2020:
OLTRE
Oltre il virus,
oltre la paura
oltre i limiti
oltre il dolore.
Ci sono i sogni,
ci sono spazi
oltre i confini
del corpo
da esplorare.
Ci sono possibilità
per sentirsi vivi.
SALUTE
Voglio tornare a ballare sul mare
voglio tornare a ridere per strada
voglio sentire il mio corpo rispondere
ai desideri senza ostacoli.
Voglio tornare a vivere all’esterno
al tempo degli impegni che si intersecano
al tempo in cui analisi e medicine
non sai nemmeno cosa sono.
Salute rientra in questo corpo
fammi respirare leggera.
QUANDO È POESIA?
È poesia quando
il dolore si scioglie in inchiostro;
compone versi.
È poesia quando
la gioia si mostra:
immagini di parole.
È poesia quando
la luce e l’ombra
si fondono in un testo che suscita
in chi legge il sentire
di chi lo ha scritto.
Il tempo e lo spazio poetico di Iveano Benigni Braschi
IL TEMPO, LO SPAZIO E I GERMOGLI DELL’ESSERE
di Iveano Benigni Braschi
Questo poemetto nasce dal dolore per la scomparsa di Franco Battiato a cui il poeta Benigni rende onore allegando al testo i dipinti del grande maestro della musica italiana. L’opera si compone dell’unione di tre elementi: il sogno, il buddismo e la meccanica quantistica. Benigni ha un particolare rapporto con il mondo onirico. Solo attraverso il sogno infatti, secondo lui, riusciamo ad avere una visione completa della nostra e altrui vita, a raggiungere posti lontani e persone lontane nel tempo. Il sogno annulla le barriere spazio temporali e ci pone in comunicazione continua con poeti, scrittori, artisti di altri tempi secondo un flusso inarrestabile di corrispondenze liriche. La filosofia buddista si lega a questa dimensione di annullamento del tempo, dello spazio e di ciclicità.
Di conseguenza, è facile intuire il legame con la meccanica quantistica poiché secondo questa ottica tutto è divenire, l’universo è in continuo movimento, non esiste materia inerte come d’altronde avviene nella poesia dove la parola è materia plasmabile all’interno del verso.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Certo le vie reali
del sogno
portano la coscienza
in profondità,
vanno alla ricerca
delle radici antiche
del mistero della vita.
Tutto può succedere
in questo attimo
di meravigliosa sospensione,
l’irreale appare reale,
il piccolo grande,
il vicino lontano,
ritroviamo posti
e persone
che ci sono care,
ci sembra di essere
a casa…
…Un grande albero
sta nascendo
nella grotta cristallina
del mio cuore,
un albero
dal tronco possente,
dalle radici profonde,
dalle foglie dorate
e delicate…
…Anche l’energia
più sottile partecipa
alla danza del tutto.
Gli atomi e i quanti
si muovono
da un punto all’altro
senza mai fermarsi…
…Universi paralleli
si cercano,
si sfiorano
senza mai toccarsi,
lasciando la loro scia
di stupore
nell’immensità
dello spazio…
MATERA
di Iveano Benigni Braschi
Il poemetto intitolato “Matera” è ispirato da una visita reale alla città tufacea. Il poeta, facendo leva sull’etimologia del toponimo (Matera da “mater”) lo articola come se si trattasse di un dialogo tra madre e figlio. Con le parole della poesia, il lettore è coinvolto in un viaggio che ha il sapore di un ritorno nel grembo materno, nel passato ancestrale personale e cosmico. Esplorare i suoi vicoli è come riallacciare un legame con la cultura arcaica pre-cristiana riscoprendo il senso di appartenenza alla madre terra. Secondo una visione ciclica della vita, la madre rappresenta la nascita e la morte, l’inizio e la fine.
La poesia ha quindi il compito di dare voce al sentimento nostalgico di un’appartenenza perduta a cui la recente standardizzazione e secolarizzazione dell’esistenza ha dato il colpo di grazia. La poesia che va oltre il tempo e lo spazio recuperando ciò che di sacro ancora resta nell’anima dell’umanità.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Era come un ritorno,
un ritorno nell’utero
dei sogni
e delle apparizioni,
nella ferita profonda
dell’oscurità,
nel santuario
della pietra vulcanica
dove velate apparivano
figure femminili avvolte
in mantelli verdi e azzurri
che sorridevano
e danzavano attorno
ad un altare di pietra porosa,
a una corona di rododendri,
al fuoco sempre acceso
della notte…
…I Sassi parlavano
al cuore dell’uomo,
svelavano i segreti,
le leggende
del tempo perduto,
le trasformazioni incessanti
della natura…
…E io ti accoglierò
nel mio ventre di pietra,
nella mia culla
di erica e trifoglio,
di verbena e madreselva,
nella casa
della Luna nera,
del Sole di mezzanotte,
ti abbraccerò
col mio corpo di donna
forte e appassionata
che ha attraversato
il fiume dei sospiri
e delle lacrime…