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Il tempo e lo spazio poetico di Iveano Benigni Braschi
IL TEMPO, LO SPAZIO E I GERMOGLI DELL’ESSERE
di Iveano Benigni Braschi
Questo poemetto nasce dal dolore per la scomparsa di Franco Battiato a cui il poeta Benigni rende onore allegando al testo i dipinti del grande maestro della musica italiana. L’opera si compone dell’unione di tre elementi: il sogno, il buddismo e la meccanica quantistica. Benigni ha un particolare rapporto con il mondo onirico. Solo attraverso il sogno infatti, secondo lui, riusciamo ad avere una visione completa della nostra e altrui vita, a raggiungere posti lontani e persone lontane nel tempo. Il sogno annulla le barriere spazio temporali e ci pone in comunicazione continua con poeti, scrittori, artisti di altri tempi secondo un flusso inarrestabile di corrispondenze liriche. La filosofia buddista si lega a questa dimensione di annullamento del tempo, dello spazio e di ciclicità.
Di conseguenza, è facile intuire il legame con la meccanica quantistica poiché secondo questa ottica tutto è divenire, l’universo è in continuo movimento, non esiste materia inerte come d’altronde avviene nella poesia dove la parola è materia plasmabile all’interno del verso.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Certo le vie reali
del sogno
portano la coscienza
in profondità,
vanno alla ricerca
delle radici antiche
del mistero della vita.
Tutto può succedere
in questo attimo
di meravigliosa sospensione,
l’irreale appare reale,
il piccolo grande,
il vicino lontano,
ritroviamo posti
e persone
che ci sono care,
ci sembra di essere
a casa…
…Un grande albero
sta nascendo
nella grotta cristallina
del mio cuore,
un albero
dal tronco possente,
dalle radici profonde,
dalle foglie dorate
e delicate…
…Anche l’energia
più sottile partecipa
alla danza del tutto.
Gli atomi e i quanti
si muovono
da un punto all’altro
senza mai fermarsi…
…Universi paralleli
si cercano,
si sfiorano
senza mai toccarsi,
lasciando la loro scia
di stupore
nell’immensità
dello spazio…
MATERA
di Iveano Benigni Braschi
Il poemetto intitolato “Matera” è ispirato da una visita reale alla città tufacea. Il poeta, facendo leva sull’etimologia del toponimo (Matera da “mater”) lo articola come se si trattasse di un dialogo tra madre e figlio. Con le parole della poesia, il lettore è coinvolto in un viaggio che ha il sapore di un ritorno nel grembo materno, nel passato ancestrale personale e cosmico. Esplorare i suoi vicoli è come riallacciare un legame con la cultura arcaica pre-cristiana riscoprendo il senso di appartenenza alla madre terra. Secondo una visione ciclica della vita, la madre rappresenta la nascita e la morte, l’inizio e la fine.
La poesia ha quindi il compito di dare voce al sentimento nostalgico di un’appartenenza perduta a cui la recente standardizzazione e secolarizzazione dell’esistenza ha dato il colpo di grazia. La poesia che va oltre il tempo e lo spazio recuperando ciò che di sacro ancora resta nell’anima dell’umanità.
Alcuni estratti dal poemetto:
…Era come un ritorno,
un ritorno nell’utero
dei sogni
e delle apparizioni,
nella ferita profonda
dell’oscurità,
nel santuario
della pietra vulcanica
dove velate apparivano
figure femminili avvolte
in mantelli verdi e azzurri
che sorridevano
e danzavano attorno
ad un altare di pietra porosa,
a una corona di rododendri,
al fuoco sempre acceso
della notte…
…I Sassi parlavano
al cuore dell’uomo,
svelavano i segreti,
le leggende
del tempo perduto,
le trasformazioni incessanti
della natura…
…E io ti accoglierò
nel mio ventre di pietra,
nella mia culla
di erica e trifoglio,
di verbena e madreselva,
nella casa
della Luna nera,
del Sole di mezzanotte,
ti abbraccerò
col mio corpo di donna
forte e appassionata
che ha attraversato
il fiume dei sospiri
e delle lacrime…