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IN VIAGGIO CON DINO CAMPANA : UN ITINERARIO D’AMORE
Estate 1916. Dalla corriera che proviene da Firenze, sulla strada polverosa, scende una bella donna, alta, con un grande cappello per ripararsi dal cocente sole estivo. Ad attenderla, all’angolo della curva, c’è un uomo non molto alto ma robusto con i capelli biondo-rossicci illuminati dai raggi solari.
Non si conoscono. Da qualche settimana si sono scritti delle lettere: lei ammira l’arte poetica di lui; lui è semplicemente desideroso di incontrare una donna che ha già fatto tanto parlare di sé.
Potrebbe essere l’inizio di un romanzo e invece è la descrizione del modo in cui Dino Campana e Sibilla Aleramo si conobbero. Sibilla aveva letto alcune liriche di Dino e aveva manifestato il desiderio di incontrarlo. Da parte sua, Campana era lusingato dell’interesse di Sibilla: come spesso accade ai poeti e agli artisti, già lo scambio di lettere preannunciava quella che sarebbe stata la loro relazione, turbolenta e profondissima.
Siamo nel Mugello, Appennino Tosco-romagnolo, per l’esattezza, a Rifredo, un paese di poche case al di là del Giogo di Scarperia. A 700 metri di altezza, in mezzo ai boschi, una strada che esiste ancora, scende in una valle raggiungendo un antico luogo di culto: la Badia Moscheta.
Nel tempo in cui Sibilla fu ospite di Dino, camminarono su questa strada e il loro vagabondare per la bellezza aspra dei monti toscani li condusse a compiere un vero e proprio itinerario che ancora oggi è possibile ripercorrere.
Lo hanno chiamato “Viaggio d’amore” perché effettivamente di questo si trattò. Dino e Sibilla si amarono con una passione impetuosa, ferina, in un ambiente selvaggio e solitario che fu specchio del loro rapporto. Visitarono Casetta di Tiara, un paese arroccato su uno sperone roccioso che ha una storia antichissima e un dialetto che, pensate, deriva da una parlata greca, testimonianza del dominio bizantino in queste terre. Al di sotto dello sperone, scorre il Rovigo in una valle selvaggia e paradisiaca. Sibilla e Dino, per combattere il calore estivo, si saranno bagnati nelle fredde acque del torrente e probabilmente avranno gustato la bellezza della cascata che chiude la valle. Dino era ansioso di mostrare a Sibilla la terra che tanto amava e che le era compagna fedele nella sua condizione di isolamento sociale. Camminando per sentieri e carrarecce, giunsero a Marradi, paese natale di Campana, passando per Palazzuolo sul Senio.
Di questo itinerario amoroso, troviamo traccia nel carteggio tra Dino e Sibilla. L’Aleramo inizialmente era entusiasta di vagabondare tra i monti, dormendo spesso all’aperto e in condizioni disagevoli per una signora dell’inizio del XX secolo. Tuttavia, col passare del tempo, stando a stretto contatto con la volubilità e l’imprevedibilità del poeta di Marradi, qualcosa cominciò a mutare nel loro rapporto. Gli incontri si fecero più radi e l’intensità con cui avevano vissuto l’estate, in autunno si era già esaurita. Sentendosi emarginato, Dino reagì talvolta con la violenza verbale, allontanando di fatto la possibilità di una riconciliazione. Liti furibonde e avvicinamenti passionali si alternarono ancora per qualche tempo finché fu chiaro a entrambi che la loro relazione non avrebbe avuto mai un futuro. Dino continuò il suo cammino di solitudine ed emarginazione che lo avrebbe portato all’internamento nell’ospedale psichiatrico; Sibilla proseguì a frequentare gli eleganti salotti letterari di Firenze e Roma e ad avere nuove relazioni.
Difficilmente è possibile comprendere appieno Dino Campana fuori dal contesto in cui visse. Marradi gli andava stretta e cercò molte volte di prendere una via di fuga. Inizialmente furono le grandi città, Parigi, Genova, Napoli ma poi sentiva un bisogno quasi fisiologico di perdersi tra i monti dove era nato, di cercare la poesia tra le rocce illuminate dalla luna, nei boschi e tra gli scroscianti torrenti.
Dino e Sibilla si amarono pur essendo due anime completamente diverse. Il loro viaggio non è andato perduto come niente è perduto quando è vissuto intensamente.
Per chi volesse seguire il loro itinerario, di seguito la descrizione delle tappe del viaggio:
1) Rifredo – Badia Moscheta
2) Badia Moscheta – Casetta di Tiara
3) Casetta di Tiara – Palazzuolo sul Senio
4) Palazzuolo sul Senio – Marradi
L’itinerario che propongo è da svolgere a piedi ma per chi non fosse abbastanza allenato, è possibile visitare i singoli posti tappa ovvero Rifredo, Badia Moscheta, Casetta di Tiara, Palazzuolo sul Senio e Marradi tutti collegati da strade asfaltate percorribili e da un servizio di bus, ad esclusione di Casetta di Tiara e Badia Moscheta.
Come stagione, consiglio vivamente l’autunno per i suoi colori. L’estate è più fedele all’originale viaggio dei due innamorati e per stemperare il caldo diurno è consigliabile tuffarsi nelle acque del Rovigo o del Veccione. Anche l’inverno e la primavera hanno il loro fascino, per le atmosfere di estrema solitudine, il primo, e per la bellezza della luce, la seconda.
Divag-azione estiva nel verde Mugello: Paterno e Cerreto Maggio
Paterno è un borgo di poche case sovrastato da una ex cava di pietra. Si trova a pochi chilometri da Vaglia e dalla statale che proviene da Firenze.
Da Paterno seguiamo le indicazioni per Cerreto Maggio su strada asfaltata vicino al corso del Borro dei Granchi.
Dopo le prime case, la strada diventa sterrata e ombrosa.
Superato il ponte sul borro, il percorso torna asfaltato e in salita. Dopo alcuni tornanti su cui si affacciano delle splendide ginestre in fiore, appare il profilo del campanile della pieve di Cerreto Maggio.
In prossimità della chiesa, abbandoniamo la strada principale per visitare l’edificio religioso, oggi disgraziatamente, in stato di abbandono.
Facendosi largo tra erbe infestanti è possibile fare il periplo della pieve scoprendo il suo caratteristico impianto romanico. Purtroppo non è visitabile all’interno.
Lasciata la chiesa e il monumento ai Caduti posto in alto davanti all’edificio religioso, proseguiamo sul percorso principale ignorando a sinistra la diramazione per Pescina (sentiero n. 7).
Ora è una soleggiata carrareccia che sale tra radi boschetti e campi coltivati. Il paesaggio è davvero bucolico.
Raggiunte alcune case e salutato uno splendido asinello, il sentiero arriva ad un trivio: a sinistra inizia il sentiero 8 per Volmiano e Legri, ancora più sinistra troviamo il sent. 00 verso Monte Morello, a destra sempre lo 00 che prosegue in direzione del M.te Gennaro e il passo delle Croci di Calenzano.
Per il momento, la nostra escursione termina qui in attesa di essere ripresa in tutte le direzioni.
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